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Lo smaltimento del Pcb di Brescia

di Alessandro Iacuelli - 02/07/2010



Il Nucleo Investigativo per la Repressione degli Illeciti Ambientali di Brescia, ha eseguito una serie di misure cautelari nell’ambito di un’inchiesta su un traffico illecito di rifiuti per un quantitativo di oltre 4.000 tonnellate. Un uomo è stato arrestato e sono stati sequestrati 15 autocarri e cisterne per un valore di circa un milione e mezzo di euro, appartenenti a tre aziende bresciane, utilizzati per il traffico illecito di rifiuti.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Brescia, erano iniziate lo scorso novembre con il sequestro dell'area di via Nullo, nel sito della Caffaro, oggetto di bonifica dal Pcb, e di una cava situata nella vicina Manerbio, dove era stato smaltito il materiale. Ora, l'esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere è arrivata a carico dell'amministratore della "Moviter" di Edolo, vincitrice della gara d'appalto indetta dal comune di Brescia per la bonifica dell'area della Caffaro.

L'uomo è finito in manette per traffico illecito di rifiuti: il materiale prelevato sui terreni inquinati di Pcb del sito di interesse nazionale Caffaro, secondo le contestazioni mosse dalla Procura, anzichè essere smaltito secondo le norme di legge presso centri autorizzati e messo in sicurezza, sarebbe stato semplicemente depositato nella cava di Manerbio e poi collocato in discarica. Sulla pericolosità di questo modo di fare c'è poco da discutere: il grado di tossicità dei composti Pcb (Policlorobifenili) è appurato sia dalla chimica sia dalla medicina, e molti studi su lavoratori esposti hanno mostrato alterazioni nell'analisi di sangue e urine correlabili a danni a carico del fegato.

Da un punto di vista ambientale, il PCB è in grado di infiltrarsi attraverso i terreni nelle acque, penetra nel corpo degli animali, compreso l'uomo, ed essendo liposolubile, passa e si accumula nei tessuti adiposi. Penetra e si diffonde soprattutto nel fegato e nei tessuti nervosi.

Quanto avvenuto a Manerbio non riguarda un piccolo ritaglio di terreno, con pochi chilogrammi di Pcb, ma un'area piuttosto vasta ed una quantità di materiale contaminato da Pcb, secondo gli investigatori, stimata in 4000 tonnellate. Quanto prelevato dal sito Caffaro è stato destinato al riempimento di una cava contenente acqua, invece d'essere avviato al trattamento in centri autorizzati. Nei confronti dell’arrestato sono state accertate, inoltre, responsabilità anche in relazione ad un altro traffico illecito di rifiuti, in questo caso provenienti dai lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria delle fognature delle provincie di Brescia e Bergamo.

L'attività illecita è stata attuata, secondo gli investigatori, ricorrendo a formulari falsi, grazie ai quali sarebbero state truffate le aziende dalle quali era stato ottenuto l’appalto per i lavori di manutenzione delle fognature. In questo caso l’azienda utilizzando documenti falsi otteneva dalla società che gestisce il servizio nelle province di Brescia e Bergamo compensi per smaltimenti di rifiuti invece smaltiti illegalmente in siti non ancora identificati.

Inutile la difesa della Moviter, che a novembre aveva precisato, attraverso il proprio legale, che tutte le analisi compiute sul materiale di bonifica avevano escluso si trattasse di rifiuti speciali pericolosi. Secondo il legale, quei rifiuti erano "inerti non pericolosi". Anche il titolare dalla cava di Manerbio aveva preso le distanze, precisando di "sentirsi parte lesa, perché quanto avvenuto nella cava era conforme alle autorizzazioni".

La produzione di PCB è stata vietata per la prima volta in Giappone nel 1972, dopo un grave incidente che coinvolse 2000 persone. Fu poi vietata negli Stati Uniti, a partire dal 1977, e in Italia a partire dal 1983, quanto ha cessò l'attività dell'unico stabilimento italiano che produceva PCB, la Caffaro di Brescia. La Caffaro produceva PCB dal 1932 ed ha portato il tasso d’inquinamento ambientale ad un livello talmente elevato che oggi Brescia è considerata uno dei due casi a livello mondiale di contaminazione da PCB nelle acque e nel suolo: in termini di quantità di sostanza tossica dispersa, di estensione del territorio contaminato, di numerosità della popolazione coinvolta, di durata della produzione. I valori rilevati dalla ASL bresciana sono dal 1999, anche 5000 volte al di sopra dei limiti fissati dalla legge.

L'area bresciana contaminata da Pcb si estende anche nei comuni limitrofi, inquinando rogge e terreni, fino a spingere il comune di Brescia, nel 2007, ad emettere un ordinanza di divieto di coltivazione dei terreni. Ovvio che quest'area va bonificata assolutamente, ma parte della bonifica stava avvenendo semplicemente spostando i materiali nella cava di Manerbio, senza alcuna messa in sicurezza. E per Brescia, il caso Caffaro diviene sempre più, col passare degli anni, un'odissea senza fine.